Molte sono le aree della Calabria in cui si produce un buon caciocavallo e ottimi prodotti li troviamo anche in Puglia,Sicilia e Campania.Ma quello di cui parliamo ha una particolarità:la forma allungata e la presenza di due testine(nodi ) terminali che lo rendono unico nel panorama caseario. Definirei il caciocavallo come un formaggio del sud ,che ha trovato radici in una vasta area del paese in cui i numerosi insediamenti greci del passato hanno lasciato tracce indelebili. Si ritiene che l’antenato del caciocavallo si possa far risalire al Kaskaval,una pasta filata prodotta ancor oggi,dalla Macedonia all’Egeo,e che pastori nomadi hanno introdotto fin anche in Romania,dove troviamo il cascaval,anche se il termine attualmente indica in modo più generico un formaggio a pasta gialla. >
Il legame di questo prodotto con il mondo greco risulta avvalorato dal fatto che questa zona di produzione, nel versante ionico meridionale (precisamente nei comuni di Ciminà, Antonimina,Ardore e Platì),
Cimina_Monte_Tre_Pizzi.jpgfoto dal Web
ha subito una colonizzazione ellenica così importante da essere definita “Grecia calabra” >
Lo stesso nome di Ciminà,comune di 700 anime nella Locride , deriva dal greco antico Kyminà=luogo dove abbonda il cumino selvatico o ciminaia. >
Un tempo era un prodotto che come altri serviva al sostentamento di una popolazione povera dedita all’agricoltura e alla pastorizia. Consumato assieme a salame o soppressata era il pasto di chi pascolava capi bovini o ovini. >
Oggi è inserito nell’elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Calabria e Slow Food ne ha fatto uno dei suoi presidi che come altri è stato oggetto delle fotografie di Oliviero Toscani,diventando appunto una “star”
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La foto di Toscani riporta la forma classica ,con una sola testa,anche esso ugualmente sostenuto dal Presidio,ha un peso minimo di un chilo fino ad un massimo di tre.Consente stagionature più lunghe,sostenendo i produttori nella commercializzazione del formaggio fuori dai mercati locali.
caciocavallo ciminà.jpg >foto dal Web
Il caciocavallo a 2 teste ,è di dimensioni abbastanza piccole ,200/400 grammi,pertanto si consuma freschissimo entro pochi giorni dalla produzione
.IMG_1596.JPG
Secondo tecniche tradizionali, il latte vaccino con quello di capra coagula grazie all’immersione del caglio di capretto. Affinchè avvenga la cagliata,il latte deve raggiungere ” la temperatura dell’acqua di sole”(25-30°).Una volta formata la tuma,ci si rende conto che questa sia pronta quando l “ugliastru”(bastone di ulivo selvatico) immerso nel latte,sta dritto senza aiuto alcuno .La tuma viene rotta,poi ricomposta con le mani e la si mette a fermentare seguendo le condizioni ambientali ma anche la grandezza delle forme. Dopo l’acidificazione,la cagliata viene immersa in acqua a 85° per la filatura. Saranno le sapienti manipolazione del casaro con movimenti energici delle mani a conferire non solo la tipica forma ,ma ottenere una superficie esterna liscia e senza pieghe e una parte interna senza vuoti..
>IMG_1597.JPG
Le forme vengono poi immerse in acqua a4° per qualche minuto e poi in una salamoia per un periodo variabile da 1 a-24 ore. Tolte dalla salamoia vengono legate a coppia e poste per l’asciugatura a cavalcioni di una pertica .Da ciò il caciocavallo deriva il suo nome.
images.jpgfoto dal Web >
Il legame di questo prodotto con il mondo greco risulta avvalorato dal fatto che questa zona di produzione, nel versante ionico meridionale (precisamente nei comuni di Ciminà, Antonimina,Ardore e Platì),
Cimina_Monte_Tre_Pizzi.jpgfoto dal Web
ha subito una colonizzazione ellenica così importante da essere definita “Grecia calabra”
Lo stesso nome di Ciminà,comune di 700 anime nella Locride , deriva dal greco antico Kyminà=luogo dove abbonda il cumino selvatico o ciminaia.
Un tempo era un prodotto che come altri serviva al sostentamento di una popolazione povera dedita all’agricoltura e alla pastorizia. Consumato assieme a salame o soppressata era il pasto di chi pascolava capi bovini o ovini.
Oggi è inserito nell’elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Calabria e Slow Food ne ha fatto uno dei suoi presidi che come altri è stato oggetto delle fotografie di Oliviero Toscani,diventando appunto una “star”
La foto di Toscani riporta la forma classica ,con una sola testa,anche esso ugualmente sostenuto dal Presidio,ha un peso minimo di un chilo fino ad un massimo di tre.Consente stagionature più lunghe,sostenendo i produttori nella commercializzazione del formaggio fuori dai mercati locali.
caciocavallo ciminà.jpg
Il caciocavallo a 2 teste ,è di dimensioni abbastanza piccole ,200/400 grammi,pertanto si consuma freschissimo entro pochi giorni dalla produzione
.IMG_1596.JPG
Secondo tecniche tradizionali, il latte vaccino con quello di capra coagula grazie all’immersione del caglio di capretto. Affinchè avvenga la cagliata,il latte deve raggiungere ” la temperatura dell’acqua di sole”(25-30°).Una volta formata la tuma,ci si rende conto che questa sia pronta quando l “ugliastru”(bastone di ulivo selvatico) immerso nel latte,sta dritto senza aiuto alcuno .La tuma viene rotta,poi ricomposta con le mani e la si mette a fermentare seguendo le condizioni ambientali ma anche la grandezza delle forme. Dopo l’acidificazione,la cagliata viene immersa in acqua a 85° per la filatura. Saranno le sapienti manipolazione del casaro con movimenti energici delle mani a conferire non solo la tipica forma ,ma ottenere una superficie esterna liscia e senza pieghe e una parte interna senza vuoti..
Le forme vengono poi immerse in acqua a4° per qualche minuto e poi in una salamoia per un periodo variabile da 1 a-24 ore. Tolte dalla salamoia vengono legate a coppia e poste per l’asciugatura a cavalcioni di una pertica .Da ciò il caciocavallo deriva il suo nome.
images.jpgfoto dal Web
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